Il telaio, quello dei tessuti, è una macchina che tramite intreccio di due serie di fili tra loro perpendicolari, genera una trama o un ordito.

So che queste parole evocano qualcosa di storico e antico ed è proprio ciò di cui ci occuperemo oggi.

La storia della tessitura segue passo passo quella dell’umanità, il telaio si evolve in un macchinario sempre più complesso ma questa di storia è solo un pretesto per raccontarvi la trama che riguarda la protagonista di oggi.

Parliamo di Penelope, tutti parlano di Ulisse quando si racconta dell’Odissea ma Penelope viene relegata spesso ai titoli di coda della vicenda!

Partiamo dalla base di tale personaggio della mitologia greca: Penelope è una co protagonista dell’Odissea di Omero. Suo padre è Icario, Re di Sparta, sua madre è forse Policasta, la più giovane delle figlie di Nestore – il Re di Pilo –  forse è Peribea, una ninfa naiade cioè una di quelle ninfe che presiedono le acque dolci della terra e hanno il potere di guarire, profetizzare ed sono anche immortali.

Ora so che vi è gia venuto il mal di testa ma fateci pace, la mitologia greca è cosi!

Penelope la conosciamo tutti come la moglie di Ulisse, c’è bisogno di dirvi chi era Ulisse? Segue una breve bio di Ulisse: Re di Itaca, figlio di Laerte, è uno degli eroi achei (la prima popolazione ellenica che riuscì a invadere la Grecia nel II millenio a. C.) descritti da Omero nell’Iliade e Odissea.

Aggiungo solo che il vero nome di Ulisse era Odisseo, nome dal significato formidabile, traducibile con “Odiato dai nemici” ed è tutto un dire!


Torniamo a Penelope, il suo nome viene da un mito riguardante la sua infanzia: quando nacque fu gettata in mare per ordine del padre (carino lui) e fu salvata da alcune anatre che la tennero a galla e la portarono nella spiaggia più vicina. Dopo questo bel trauma infantile regalatole, i genitori decisero di tenerla e le diedero il nome Penelope che tradotto significa “Anatra” appunto.

Tuttavia alcuni dicono che il nome c’entra con la questione del telaio perché in greco “Pené” significa tela.

Seppure la storia dell’anatra è più avvincente, spero per la salute mentale di Penelope che la verità sia la seconda.

Con Ulisse, Penelope ebbe tre figli, Telemaco, Poliporte e Arcesilao, attese vent’anni -ripeto vent’anni – il ritorno di Ulisse dalla guerra di Troia, crescendo da sola Telemaco e rifiutando il corteggiamento dei Proci, i nobili pretendenti della sua mano sulla carta ma anche usurpatori dei suoi beni e dei suoi affari alle spalle.

Penelope ci riuscì a tenere a bada i Proci, nonostante le pressanti richieste del padre a convogliare a nuove nozze, anche grazie allo stratagemma della tela: di giorno tesseva il sudario per Laerte, padre di Ulisse, di notte lo disfaceva.

Perché? Aveva promesso ai proci che ne avrebbe scelto uno in marito solo dopo aver terminato il sudario.

Tuttavia la farsa le fece guadagnare solo quattro anni perché poi un’ancella traditrice spifferò tutto ai proci (sta stronza).

Per quanto Penelope simboleggi la fedeltà coniugale, si narra che in questi vent’anni di attesa si innamorò del Dio Ermes con il quale fece anche un figlio, il Dio Pan, ma queste sono le solite male lingue da paese!

Torniamo ai vent’anni di attesa: Penelope non è certo una donna sottomessa e passiva se da sola riesce a governare per vent’anni su un’isola, e a tenere lontani dal trono ben 108 giovani nobili.

Del resto, più volte nel poema compare con l’epiteto perifron, scaltra, e non solo perché è dotata di metis, astuzia, al pari del marito.

Dopo dieci anni di guerra e dieci anni per tornare a Itaca, tra cui la parentesi della Maga Circe, Ulisse tornò a casa e uccise i Proci.

Si presentò a casa come un mendicante e Penelope non gli credette inizialmente, poi lo sottopose alla prova più intima che le venisse in mente: chiese ai servitori di portare il loro letto nuziale fuori dalla stanza e a quel punto Ulisse disse: “No, significherebbe sradicarlo dall’Ulivo dal quale l’ho costruito” cosi Penelope capì che era proprio lui, era il marito che mancava da casa da vent’anni!

Tornò con lui, così, come se non fosse successo nulla e fecero altri due figli, ve li ho nominati su, Poliporte e Arciselao.

Ci sono altri finali di questa storia, sceglierò di rinunciarci volutamente nel raccontarveli, perché ogni tanto bisogna lasciar perdere.

Il mio parere è che se Penelope lo ha tradito in questa lunga assenza durata vent’anni, ripeto vent’anni, ha fatto bene. Se non lo ha tradito ha fatto bene lo stesso.

Non credo che la figura di Penelope faccia bene al mondo femminile, perché consacra la donna a colei che attende a tutti i costi, e se ho imparato qualcosa nella mia vita è che “Niente è a tutti i costi”.

Vorrei chiudere con una riflessione del famoso Luciano De Crescenzo sull’argomento: 

“Questa della tela di Penelope è una storia davvero eccezionale: potrebbe essere scelta come emblema di tutte le strategie dilatatorie. La regina, conscia della debolezza del suo paese, si rende conto che l’unico mezzo per impedire ai Proci di prendere il potere è quello di tenerli a bada con la più femminile delle arti: quella del tessere. Nasce così il modo di dire «la tela di Penelope», ovvero l’arte di rimandare una decisione sine die.”

Un monito per tutti “Rimanda il giusto”.

“Vedo cose faccio gente” è la mia nuova rubrica, trovi un nuovo racconto alla settimana sul mio blog e arricchita di aneddoti e della presenza ingombrante e spassosa di Luca Bussoletti in radio, la puoi ascoltare il sabato dalle 20:00 alle 22:00 su Radio Cusano Campus.

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