Il sigaro è un cilindro di foglie di tabacco seccate, fermentate e arrotolate, che può essere fumato.
È assai probabile che le prime piante di tabacco siano state scoperte dai primi europei nell’isola di Santo Domingo, ma la pianta era presente un po’ in tutto l’arcipelago caraibico.
Il tabacco usato per i sigari viene coltivato in quantità significative in nazioni come: Brasile, Camerun, Cuba, Repubblica Dominicana, Honduras, Indonesia; Messico, Nicaragua e negli Stati Uniti D’America.
A questo proposito vi segnalo uno spettacolo su Netflix del noto attore John Leguizamo – Latin History for Morons, a tratti divertente e a tratti cruento, è uno spettacolo che sintetizza i fatti più incresciosi, chiamiamoli cosi, del dominio colonialista europeo sui territori di Nord America e Sud America comprese isole e isolette, prima che diventasse il mondo yankee che conosciamo.
Abbiamo espropriato questi luoghi della loro cultura e dei loro tesori come oro, argento e pietre preziosi in cambio di specchi rotti, schiavitù, stupri, malattie varie, topi e scarafaggi e inoltre abbiamo compiuto un vero e proprio genocidio di massa.
Cosa c’è dietro un sigaro che fuma? Il sigaro può essere il surrogato di un bisogno, un simbolo fallico ad esempio e il professore a cui fu rivolta la domanda è il padre della psicanalisi Sigmund Freud.
Freud rispose “Alle volte un sigaro è solo un sigaro”… forse anche il padre della psicanalisi ogni tanto preferiva l’evasione che l’analisi, seppur un sigaro non fa primavera!
Il sigaro era una debolezza per Sigmund Freud, una vera e propria dipendenza, ne fumava venti al giorno e c’è agli atti una famosa affermazione diseducativa del guru della psicanalisi a suo nipote, il 17enne Harry, che rifiutò l’offerta da parte dello zio di provare uno dei suoi sigari, gli disse: “Ragazzo mio, fumare è una delle più grandi e più economiche soddisfazioni della vita, e se decidi di non fumare, non posso che essere dispiaciuto per te”.
La diplomazia non era di casa, fumare per lui era quasi una religione, tanto che Hans Sachs, uno dei suoi primi seguaci, ricorda che Freud era chiaramente irritato se alcuni uomini intorno a lui rifiutavano di fumare.
I sigari sembravano conferire alla persona l’appartenenza simbolica ad una certa comunità e permettevano la messa in atto di un rituale, anche di iniziazione.
Ma se pensate che tutto ciò renda Sigmund un personaggio anticonformista e curioso dovete anche essere messi al corrente che nel 1923 gli fu diagnosticato un cancro al palato, seguirono 13 anni di terapie e 33 operazioni, a un certo punto il cavo orale dovette essere lasciato aperto per consentirgli di respirare e mangiare e gli fu messa una protesi che aveva bisogno di continua manutenzione e che Sigmund soprannominò il “mostro”.
Insomma fumare non è per niente fico ne allora ne ora. Nonostante i disagi, Freud non smise mai di fumare, fino alla sua morte nel 1939.
Provò a smettere ma non ci riuscì mai, definì la sua dipendenza “un comportamento di ritiro dalla masturbazione infantile”.
Quando lo studente chiedeva conto di quel portarsi alla bocca un oggetto, come può essere per un bambino il pollice o per un adolescente l’attrazione per il bacio comunemente detto “pomiciare o limonare duro”, l’esperienza della “suzione” che non è una parolaccia ma significa “Assunzione di un liquido attraverso le labbra mediante aspirazione”, dicevamo Freud li liquidava con atteggiamento omertoso “Alle volte un sigaro è solo un sigaro”. Ad ognuno la sua piccola parte di ipocrisie.
Ma conosciamolo meglio questo Sigmund Freud e vediamo da dove viene la sua di SUZIONE!
Nasce a Freiberg nel 1856, nella regione austriaca della Moravia (oggi è la Repubblica Ceca).
Suo padre Jacob Freud è un commerciante ebreo di lana e sta al terzo matrimonio quando viene alla luce Sigismund, suo madre si chiama Amalia Nathanson e non riuscì, a detta dei pettegoli del tempo, a dargli l’affetto materno che i figli normalmente ricevono dalla loro madre.
I biografi concordano su Amalia descrivendola come una personalità forte, possessiva della famiglia, dominante e narcisista. Significativo fu un episodio narrato da suo nipote Martin, che ricorda che Amalia, provando un cappello nuovo, nonostante fosse ormai quasi novantenne urlò: “Non lo prendo, mi fa sembrare vecchia”.
Suo padre Jacob aveva avuto già due figli da un precedente matrimonio, Emanuel e Philipp che vivevano con lui e avevano all’incirca la stessa età della giovane matrigna Amalia, che aveva 20 anni in meno del marito.
La coppia visse a Freiberg dopo il matrimonio e si trasferì a Vienna quando Jacob iniziò ad avere problemi politico-economici. Quando suo marito morì, Amalia si trasferì in un piccolo appartamento con sua figlia Dolfi (Adolfine).
Amalia morì di tubercolosi a Vienna all’età di 95 anni. Sigmund non partecipò al funerale della madre.
Però non vi fate ingannare dalle apparenze, dopo la morte di Amalia, il figlio Sigmund scriverà di essere stato soggetto a un sentimento apparentemente non conforme al lutto, si sentirà come sollevato, liberato dal pensiero che a sua madre potesse arrivare la notizia della morte del figlio.
Sigmund ricordava di una discussione avuta da ragazzo con sua madre a proposito della morte, durante la quale ella affermò “siamo tutti fatti di terra e quindi alla terra tutti dovremo tornare” e per dimostrarglielo, a seguito dei dubbi espressi da Sigmund, sfregò con energia i palme delle mani fra di loro, mostrando i frammenti nerastri di pelle che si erano staccati.
Oltre a Sigmund, Amalia ebbe altri sette figli, e ho fatto questa lunga digressione sulla madre perché ho trovato qualcosa di caratteriale e personale finalmente della madre e non del padre dei nostri personaggi!
In una lettera all’amico W. Fliess, Freud spiega che l’idea del Complesso di Edipo gli venne perché “in sé stesso ha trovato l’innamoramento per la madre e la gelosia verso il padre” e questa teoria risente dei suoi sentimenti contrastanti verso la madre e il padre.
Piccola precisazione: nel 1877 a 21 anni, Sigismund abbreviò il suo nome in Sigmund, con il quale sarà conosciuto d’ora in poi.
Il giovane Sigmund non ricevette dal padre un’educazione tradizionalista, eppure già in giovanissima età si appassionò alla cultura e alle scritture ebraiche, in particolare allo studio della Bibbia.
Questi interessi lasciarono notevoli tracce nella sua opera, anche se Freud divenne presto ateo e avverso a tutte le religioni, come lui stesso ben esplica nel suo L’avvenire di un’illusione.
Nella Vienna di quel periodo erano presenti forti componenti antisemite e ciò costituì per lui un ostacolo, che non riuscì però a limitare la sua libertà di pensiero.
A proposito di antisemitismo, durante il corso di laurea maturò una crescente avversione per gli insegnanti che considerava non all’altezza.
Offeso perché discriminato in quanto ebreo, Freud sviluppò un senso critico che, di fatto, ritardò l’ottenimento della sua laurea in Medicina e Chirurgia ed era il 1881, un’epoca ancora insospettabile per quello che poi succederà agli ebrei.
L’aspirazione all’indipendenza economica lo spinse a dedicarsi alla pratica clinica, lavorando per tre anni presso l’Ospedale Generale di Vienna con pazienti affetti da turbe neurologiche.
Sposa Martha Bernays, parente del celebre spin doctor Edward Bernays con il quale Sigmund Freud ebbe una notevole corrispondenza epistolare.
Fu mentre lavorava in questo ospedale, nel 1884, che Freud cominciò gli studi sulla cocaina, sostanza allora sconosciuta.
Scoperto che la cocaina era utilizzata dai nativi americani come analgesico, la sperimentò su se stesso osservandone gli effetti stimolanti e privi, a suo dire, di effetti collaterali rilevanti.
La utilizzò in alternativa alla morfina, per curare un suo caro amico, divenuto morfinomane in seguito ad una lunga terapia del dolore.
La conseguente instaurazione della dipendenza da cocaina, più pericolosa della morfina, fece scoppiare un caso che costituì una macchia nella sua carriera, anche in considerazione del fatto che un altro ricercatore, utilizzando i suoi studi, sperimentò la cocaina quale analgesico oftalmico, ricavandone rilevanti riconoscimenti in ambito internazionale.
Il caso di Fleischl, che ebbe numerosi episodi paranoidei, nonché allucinazioni e deliri, spinsero il medico a pubblicare il saggio: “Osservazioni sulla dipendenza e paura da cocaina”. Dopo la pubblicazione smise di farne uso e di prescriverla.
Facciamo un balzo in avanti e arriviamo al 1887: nasce la prima figlia di Sigmund, Mathilde, seguita da altri cinque figli, di cui l’ultima, Anna, diventò un’importante psicoanalista. Tale padre tale figlia!
Freud era professore di neuropatologia, e le teorie sulla psicoanalisi avevano poca eco e considerazione nella scuola di medicina dell’epoca.
Una chiave di volta nel processo evolutivo delle teorie di Freud fu l’incontro con Josef Breuer – importante fisiologo che poi, in diverse circostanze, sostenne Freud anche finanziariamente – intorno al caso di Anna O.. Breuer curava l’isteria della paziente attraverso l’ipnosi nel tentativo di guarirla da sintomi invalidanti tra i quali un’idrofibia psicogena.
Sono di questo periodo le prime intuizioni sui ricordi traumatici. Il metodo, definito catartico – che fu descritto nel 1895 in Studi sull’isteria di Breuer e altri – venne successivamente utilizzato in modo sistematico da Freud.
Generalmente si usa datare la nascita della psicoanalisi con la prima interpretazione di un sogno scritta da Freud, un suo sogno della notte tra il 23 e il 24 luglio 1895, riportato anche ne L’interpretazione dei sogni come “Il sogno dell’iniezione di Irma”.
I sogni per Freud rappresentano l’appagamento di un desiderio rimosso, Irma (vero nome Emma Eckstein) era una giovane donna che aveva un legame di amicizia con Freud e la sua famiglia.
Freud l’aveva presa in cura durante l’estate del 1895, per una sintomatologia di tipo isterico, ma non aveva portato a termine il trattamento perché a un certo punto aveva proposto alla paziente-amica una particolare soluzione terapeutica che però Irma non si era mostrata disposta ad accettare. Il trattamento di Irma fu dunque un parziale insuccesso, in quanto terminò prima di essere completato.
Non vi racconto del sogno perché è di una noia mortale.
La sua interpretazione rappresentò l’inizio dello sviluppo della teoria freudiana sul sogno. L’analisi dei sogni segna l’abbandono del metodo ipnotico utilizzato in quella fase del suo sviluppo, che a ragione si può definire l’inizio della psicoanalisi.
Gli scettici o quelli poco interessati alla materia ora si chiederanno: Ma a che serve la psicoanalisi? Vi do una delle definizioni più in voga nel 1896 direttamente dal signor Freud: “curare le vostre nevrosi” e aggiungo io, se pensate di non averne bisogno, non è vero, tutti ne hanno di nevrosi!
Dopo aver pubblicato l’articolo “Morale sessuale e le malattie nervose moderne”, nel quale espresse le sue riflessioni sulla civiltà, Freud nel 1909 venne invitato negli Stati Uniti insieme allo psichiatra svizzero Carl Gustav Jung e all’ungherese Sandor Ferenczi.
Ora praticherò un balzo in avanti di anni perché nel mezzo non ci sono cose cosi rilevanti se non per annoiarvi e io per fare quella che sa tutto sul signor Sigmund!
Arriviamo al 1926 Freud, che per ragioni di salute fu costretto a ridurre a tre il numero dei pazienti che trattava ogni giorno, compì settant’anni e per il suo compleanno giunsero telegrammi e lettere di felicitazioni da ogni parte del mondo, tra cui quello di Albert Einstein.
Fu nel dicembre di quell’anno che Freud, recandosi a Berlino per rivedere figli e nipoti, incontrò per la prima volta Einstein e sua moglie, andati da lui a fargli visita.
Tuttavia tra i due non fu proprio amore, Einstein in una lettera a uno dei figli disse che non era convinto dell’opera di Freud e che i suoi metodi erano addirittura fraudolenti.
Andavano d’accordo sul sionismo: non lo supportarono ne finanziariamente ne moralmente, avevano entrambi riserve sulla creazione di uno Stato Ebraico nella Palestina sotto mandato britannico.
Entrambi erano ebrei ed entrambi non credevano nell’ebraismo.
Anche gli psicanalisti come gli artisti ebbero delle muse ispiratrici, nel caso di Freud una fu Lou Andreas Salomè, scrittrice e psicanalista tedesca di origine russa, l’altra è Sabina Spielrein, lei russa e psicanalista che esercitava la professione, inutile dire che una donna all’epoca che esercitava rappresentava un’eccezione straordinaria.
Queste due professioniste erano anche gradite conoscenze a Jung, immaginate il classico salotto con sigari fumanti ovviamente – trattandosi di Freud – e speculazioni intellettuali sullo scibile umano, come in un film d’epoca.
A proposito di Jung a un certo punto tra lui e Freud si crea una frattura.
Si è detto che tra l’allievo (Jung) e il maestro (Freud) si era creato un immenso complesso di Edipo ma il motivo del disaccordo quale era? La libido ragazzi! Per Freud il “motore primo” della nostra psiche è la pulsionalità sessuale, Jung pensava che fosse solo una parte della nostra esperienza psichica.
Jung tenterà comunque, una volta posto alla guida dell’Associazione psicoanalitica, dopo che essa aveva escluso gli ebrei per ordine dei nazisti, di proteggere Freud, gli manderà persino del denaro, che Freud rifiuterà sdegnosamente, in quanto considerava l’ex allievo un «antisemita».
Benché Jung commemorasse poi Freud con un necrologio dopo la morte nell’esilio di Londra, la frattura non si comporrà mai.
Se non vi è bastato questo spiegone e volete approfondire esiste una serie tv su Sigmund Freud su Netflix, uscita nel 2020 e fatta da 8 episodi, il titolo è Freud e gli episodi hanno nomi evocativi: “Isteria”, “Trauma”, “Sonnambulismo”, “Regressione” e cosi via, tutta roba decisamente allegra, ma chi sono io per smorzarvi l’entusiasmo della conoscenza!
“Vedo cose e faccio gente” è la mia nuova rubrica, trovi un nuovo racconto alla settimana sul mio blog e arricchita di aneddoti e della presenza ingombrante e spassosa di Luca Bussoletti in radio, la puoi ascoltare il sabato dalle 20:00 alle 22:00 su Radio Cusano Campus.
Puoi recuperare questa puntata pigiando qui