Cos’è un pallone da rugby? Una palla a forma di sferoide prolato. 

Utilizzata sia nel rugby a 13 che in quello a 15.

William Gilbert e Richard Lindon, che possedevano aziende produttrici di stivali e scarpe, iniziarono a produrre palloni per la vicina Rugby school nel 1823. 

I palloni avevano una camera d’aria fatta di vescica di maiale ricoperta con pannelli di cuoio cuciti a mano. 

Nel 1870, Richard Lindon introdusse le camere d’aria in gomma e, a causa della flessibilità della gomma, la forma cambiò gradualmente da una sfera a un uovo. 

Ebbene si: la forma distintiva del pallone da rugby è presumibilmente dovuta alla vescica del maiale, sebbene le prime palle fossero più a forma di prugna che ovali. 

I palloni variavano di dimensioni a seconda della grandezza della vescica del maiale.

Da dove nasce questo sport di squadra? Forme antiche di giochi con la palla sono sempre esistite in ogni angolo del pianeta: fra queste, le più note sono l’episkyros greco, l’harpastum romano, il calcio storico fiorentino.

In origine il termine inglese football, contrariamente a quello che si pensa, non indicava necessariamente giochi in cui era previsto calciare il pallone, ma tutti quelli praticati dagli artigiani e dai contadini “a piedi” (to play at ball on foot, da cui il sostantivo moderno football), diversamente dai nobili che utilizzavano i cavalli per i propri passatempi. 

Nel corso dei secoli, i vari football furono introdotti in molte public schools inglesi.

La leggenda attribuisce a William Webb Ellis, uno studente della città di Rugby, nella contea di Warwickshire, nelle Midlands occidentali, sul fiume Avon l’invenzione dell’omonimo gioco: nel 1823, in occasione di una partita di football giocato con regole ancora non standardizzate, William Webb Ellis raccolse la palla con le mani e iniziò a correre verso la linea di fondo campo avversaria per poi schiacciare la palla oltre la linea di fondo campo.

Uno che non lo diresti mai che fosse un amante di questo gioco è il protagonista di questa puntata: Alberto Granado.

Alberto Granado Romero el Monte nato a Córdoba, 8 agosto 1922 è stato un biologo e scrittore argentino.

Laureato in farmacologia e in scienze naturali, s’è dedicato, nei successivi cinquant’anni, alla ricerca scientifica e alla medicina.

Invitato dal suo collega Ernesto Guevara de la Serna, nel 1961 emigrò dal Venezuela a Cuba dove ha fondato la Scuola Medica di Santiago de Cuba. Testimone diretto degli anni giovanili di Che Guevara, con il quale intraprese un lungo viaggio alla scoperta dell’America Latina e del quale fu grande amico, i suoi ricordi sono alla base del film di Walter Salles I diari della motocicletta e del documentario di Gianni Minà In viaggio con Che Guevara.

“Il piano: percorrere 8000 km in 4 mesi. Metodo: l’improvvisazione. Obiettivo: esplorare il continente latino-americano fino ad ora conosciuto solo attraverso i libri. Veicolo: la poderosa; una Norton 500 del 39 che cade a pezzi. Pilota: Alberto Granado; il mio Alberto, Mial, amico di generosa corporatura, 29 anni, biochimico, autoproclamatosi “scienziato errante”. Sogno del pilota: concludere il viaggio il giorno del suo 30o compleanno. Co-pilota: il sottoscritto. Ernesto Guevara De La Serna, el fuser. 23 anni, laureando in medicina, studi sulla lebbra, patito di rugby e occasionalmente asmatico. L’itinerario: prima verso Sud, da Buenos Aires alla Patagonia, e poi il Cile. Quindi a Nord, lungo le Ande, la colonna vertebrale del continente, fino a Macchu Picchu, e da lì al Lebbrosario di San Pablo. Destinazione finale: la penisola di Guaira, in Venezuela. Cose che ci accomunano: inquietudine, grandi ideali, e un insaziabile amore per i viaggi.”

Nel 2005 è stata edita nei paesi di lingua spagnola la sua autobiografia Memorias de un gitano sedentario. Subito dopo, in Italia è stata data alle stampe da Sperling Paperback (saggi) con il titolo: Un gitano sedentario. L’autobiografia del ragazzo che viaggiò in moto con Che Guevara e lo seguì nella Cuba della rivoluzione.

Dopo il viaggio insieme al Chè per il Sudamerica negli anni 50, Granado, nato in Argentina nel 1922, era rimasto in Venezuela, dove aveva sposato la venezuelana Delia, dalla quale aveva avuto tre figli.

Quell’avventura, immortalata dal film I diari della motocicletta (regia di Walter Salles con Rodrigo de la Serna nella parte di Granado e Gael Garcia in quella del Che) e ricordata da Granado nel libro Un gitano sedentario. L’autobiografia del ragazzo che viaggiò in moto con Che Guevara e lo seguì nella Cuba della rivoluzione, fu la prima esperienza di vera consapevolezza sociale e politica per i due giovani argentini. 

Granado divenne amico di Ernesto da bambino. Entrambi studenti, Guevara di medicina, Granado di farmacologia, in quel viaggio conobbero la povertà nel continente, passando per Cile, Colombia, Perù, dove trascorsero un periodo forte e significativo in una colonia di lebbrosi, e Venezuela, dove infine si divisero. 

Qui infatti Granado si fermò per lavorare in una clinica per pazienti lebbrosi. Guevara continuò il viaggio fino a Miami e quindi tornò in Argentina per completare gli studi. Nel 1956 Guevara si unì al gruppo di Fidel e Raul Castro che salpò dal Messico verso Cuba a bordo della nave Granma. 

La rivoluzione li portò ad abbattere la dittatura di Fulgencio Batista il 1 gennaio del 1959.

Poco dopo, nel 1960, Guevara invitò sull’isola il vecchio amico Granado, il quale decise di fermarsi a vivere lì con la famiglia, insegnando biochimica all’Università dell’Avana. 

Nel 1962 fondò con un gruppo di colleghi a Santiago la facoltà di Medicina all’Università, dove insegnò dal 1970 al 1974. Da quando si trasferì, Granado ha sempre vissuto sull’isola tenendo un basso profilo.

Il 5 marzo 2011, in mattinata, mentre dormiva nella sua abitazione a l’Avana, Alberto Granado Romero è morto all’età di 88 anni. Come da sua volontà, i resti furono cremati e le ceneri sparse a Cuba, in Venezuela e in Argentina.

Se vuoi ascoltare la puntata per intero di “Vedo cose faccio gente” puoi pigiare qui.