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I testi matematici più antichi provengono dall’antico Egitto, nel periodo del Regno di mezzo, (2000-1800 a.C. ca., papiro di Mosca), dalla Mesopotamia, (1900-1700 a.C. ca, tavoletta Plimpton 322) e dall’India, (intorno all’800 a.C.200 D.C., Sulba Sutras).

Tutti questi testi toccano il cosiddetto teorema di Pitagora, che sembra essere il più antico e diffuso risultato matematico che va oltre l’aritmetica e la geometria elementari.

L’algebra babilonese fu probabilmente la più avanzata dell’intero bacino mediterraneo per secoli. I babilonesi sapevano infatti risolvere le equazioni di secondo grado con formule analoghe a quelle usate oggi.

Nell’Europa del cinquecento, e in particolare in Italia, si diffuse un forte interesse per l’algebra. In questo secolo si cominciarono ad accettare i numeri negativi chiamati spesso “falsi”.

I matematici iniziarono a sfidarsi pubblicamente a risolvere alcuni problemi. Su queste competizioni si basava gran parte della fama dei matematici; è dunque comprensibile come molte scoperte rimanessero per molto tempo segrete, in modo da poter servire come “arma” nei confronti pubblici.

Ci sarebbe tantissimo da dire sulla matematica ma noi non abbiamo il tempo, quindi torniamo solo per un attimo indietro.

Andiamo ad Alessandra d’Egitto, qui fra il 355 e il 370 d.C. nasce Ipazia di Aleesandria, la protagonista di oggi.

Figlia di Teone Alessandrino, il commentatore delle matematiche, scrisse di filosofia neoplatonica, di matematica e di astronomia: in particolare commentò Apollonio, Tolomeo e Diofanto.

Le sue opere sono andate perdute e Ipazia è celebre soprattutto per la sua tragica fine.

Eletto Cirillo al patriarcato di Alessandria, gravi dissensi nacquero immediatamente fra lui e il prefetto Oreste che non volle perdonare a Cirillo l’espulsione degli Ebrei alessandrini eseguita a furore di popolo per istigazione di Cirillo stesso.

Si affermò che il maggiore ostacolo alla pacificazione dei due era costituito da Ipazia, della quale era nota l’amicizia per Oreste e l’influenza che ella esercitava su lui.

In un giorno del marzo del 415 Ipazia fu assalita per la strada da una folla di fanatici cristiani capeggiati dal lettore Pietro, trascinata in una chiesa e massacrata: i resti del suo cadavere fatto a pezzi furono arsi.

Quale sia stata la partecipazione di Cirillo a questo misfatto non è possibile dirlo.

Ipazia studiò fin da giovanissima nella enorme biblioteca d’Alessandria, e ben presto fu a capo della Scuola Alessandrina.

Arrivò a formulare anche ipotesi sul movimento della Terra, ed è molto probabile che cercò di superare la teoria tolemaica secondo la quale la Terra era al centro dell’universo. Gia li rischiava di brutto, ricordiamo tutti la teoria di Copernico giusto? La posizione di Galileo Galilei poi?

Ipazia per la filosofia aderì alla scuola neoplatonica, anche se secondo le fonti storiche lo fece in modo originale ed eclettico, e non si convertì mai al cristianesimo (uno degli elementi che la condannò a morte).

Oltre a tradurre e divulgare molti classici greci (è grazie a lei ed al padre se le opere di Euclide, Archimede e Diofanto presero la via dell’Oriente tornato poi in Occidente moltissimi secoli dopo), insegnò e divulgò fra i suoi discepoli le conoscenze matematiche, astronomiche e filosofiche all’interno del Museo di Alessandria, che a quel tempo era la più importante istituzione culturale esistente.

La mancanza di ogni suo scritto rende problematico stabilire il contributo effettivo da lei prodotto al progresso del sapere matematico e astronomico della scuola di Alessandria.

I matematici e gli astronomi del tempo di Ipazia non consideravano affatto l’opera di Tolomeo l’ultima e definitiva parola in fatto di conoscenza astronomica: al contrario, essa era correttamente ritenuta una semplice ipotesi matematica, segno che per gli astronomi alessandrini era necessario proseguire le ricerche, per giungere possibilmente alla reale comprensione della natura e della disposizione dell’universo.

L’idea di un Tolomeo sistematore della realtà astronomica appartiene alla più tarda epoca medievale.

Ipazia era giunta a tanta cultura da superare di molto tutti i filosofi del suo tempo, a succedere nella scuola platonica riportata in vita da Plotino e a spiegare a chi lo desiderava tutte le scienze filosofiche.

Per questo motivo accorrevano da lei da ogni parte tutti coloro che desideravano pensare in modo filosofico.

Come spoileravo su , in un clima di fanatismo, di ripudio della cultura e della scienza in nome della crescente religione cristiana, Ipazia venne trucidata nel marzo del 415 a.C., lapidata in una chiesa da una folla di fanatici.

Il suo nome è tornato famoso durante l’Illuminismo, quando molti autori hanno iniziato a ricordarne la sua libertà di pensiero e l’alto livello a cui erano giunti i suoi studi.

Da allora viene ricordata come un simbolo della libertà di pensiero e dell’indipendenza della donna, oltre che come martire del paganesimo e in generale del dogmatismo fondamentalista.

Al suo nome è dedicato il Centro Internazionale Donne e Scienza, creato nel 2004 dall’UNESCO a Torino per sostenere lo studio, la ricerca e la formazione in particolare delle donne scienziate del Mediterraneo.

Il suo essere donna infatti, in un clima di fanatismo religioso, fu un aggravante per la sua posizione di persona di libero pensiero.

La religione cristiana in espansione non accettava che la donna potesse avere ruoli importanti nella società, men che meno una posizione libera come quella sua, capace di aprire le menti e di non inchinarsi a nessun dogma.

Inoltre in un clima in cui si imponeva alle donne di girare con velo e di restare chiuse in casa in posizione di subordinazione all’uomo, non poteva essere accettato che una donna formulasse ipotesi sul funzionamento del cosmo intero.

Abbracciò la tradizionale e la più conservatrice visione neoplatonica di Plotino il quale sviluppò la teoria di Platone sulle forme eterne teorizzando un complesso sistema metafisico/mistico formato da tre principi cosmici eterni: l’Uno, l’Intelletto e l’Anima.

Ipazia era un anticonformista, una donna estremamente fortunata per l’epoca per aver avuto accesso al sapere, avendo contribuito al sapere di tutti e renderlo noto le fu fatale, la condannò a morte.