Si chiamano Mokadelic, sono giovani e in voga, hanno competenza ed estro dalla loro e vantano già grandi collaborazioni con il mondo del cinema e della musica in genere.
Tutto ha inizio nel 2000, in origine erano quattro e si facevano chiamare Moka. Alessio Mecozzi (chitarra), Cristian Marras (basso), Alberto Broccatelli (batteria), Maurizio Mazzenga (chitarra), creano il primo lavoro intitolato Moka E.P. Dobbiamo attendere sino al 2002 per il primo cd autoprodotto “I plan on leaving tomorrow” che farà il giro delle emittenti radiofoniche nazionali e sarà recensito dai migliori addetti ai lavori.
Il 2004 segna l’inizio di una lunga e proficua collaborazione con il mondo del cinema: compongono la colonna sonora del corto “Dove dormono gli aerei” che fa parte del film “Bambini” per la Pablo Distribuzione. Due anni dopo nasce “Hopi”, il nuovo album, al suo interno contiene due brani che fanno parte della colonna sonora del cortometraggio Fib1477, in concorso alla 63° mostra internazione di cinematografia di Venezia. Sempre nel 2006 Luca Novelli, piano e terza chitarra del gruppo, diventa parte integrante della band. Ultimo ma non meno importante componente è il visual Andrea Cocchi, che accompagna i live dei Mokadelic regalando momenti di grande suggestione in perfetta armonia con la musica.
Arriviamo così al 2008, un anno di svolta: non più Moka ma Mokadelic, il musicista Niccolò Fabi propone alla band di collaborare per l’ambizioso progetto “Violenza 124”, così nasce “Red July” in uno degli studi di registrazione più famosi d’Italia (Forum Music Village di Roma) e con la prestigiosa regia di Roberto Vaccaro. Nello stesso periodo prende vita la fiorente collaborazione con il regista Gabriele Salvatores – della serie ‘altro giro altra corsa’ – per il film “Come dio comanda”, tratto dall’omonimo romanzo di Niccolò Ammaniti. Non finisce qua perché l’anno dopo, siamo ormai nel 2009, arrangiano la colonna sonora del film “Marpiccolo” targata Alessandro Di Robilant e prodotta dalla Overlook Production; inoltre firmano la collaborazione con Alessio Pasqua per il cortometraggio “Paul Bonacci” e partecipano in casa al celebre Festival di musica elettronica “Dissonanze”.
Ora che abbiamo fatto le presentazioni è tempo di domande.
La prima domanda è: Perché alcuni di voi suonano di spalle al pubblico? Cos’è? L’assoluta dedizione alla madre musica, un modo per risultare irriverenti ed interessanti o solo una semplice forma di imbarazzo?
Alessio: personalmente mi viene abbastanza naturale, sicuramente all’inizio la timidezza ha avuto il ruolo predominante, adesso è solo una componente…inoltre stare di spalle al pubblico ci permette di guardare i video proiettati dietro di noi e immergerci completamente nel concerto
Cristian: Cerchiamo di sistemarci sul palco per rendere il tutto naturale, molte posizioni sono dettate dalla necessità di guardarci tra di noi per scambiarci dei segnali necessari per determinati brani, altre volte semplicemente, come dice Alessio, cerchiamo di goderci il più possibile le immagini per lasciarci influenzare da queste. Assume importanza fondamentale lo stare a proprio agio per godersi il momento. Un concerto è sia una esibizione per un pubblico ma anche una nostra esperienza. Tanto più ci divertiamo noi, tanto più il concerto diventa un’esperienza condivisa.
Frontman non pervenuto! Nel vostro progetto non c’è un cantante. Perché una scelta così insolita? Non avete mai contemplato l’idea di una voce o è una decisione venuta come conseguenza della vostra incredibile bravura? Della serie “Stiamo bene così!”
A: in passato, anni e anni fa, abbiamo anche provato a cantare…non dico chi per rispetto…con scarsi risultati…abbiamo così iniziato a suonare musica strumentale, considerando il cantato come un’eventuale strumento aggiuntivo che potevamo o meno usare. Senza dubbio il risalto che viene dato alla musica è sicuramente maggiore e più incisivo, nei live parla la nostra musica e le proiezioni video, nei cd ci piacerebbe che ognuno si immergesse nelle note senza essere indirizzato verso qualcosa, che potrebbe verificarsi invece se ci fosse un testo.
Nell’intervista rilasciata ad AllMusic da voi e dal regista Gabriele Salvatores per la promozione di “Come dio comanda”, Salvatores dice:
Salvatores: “…la musica si scrive dopo che hai girato il film , in questo caso invece abbiamo fatto il contrario, abbiamo scritto la musica prima e ci siamo lasciati influenzare nelle riprese dalla musica…” – un onore del genere lo ha avuto Ennio Morricone da Sergio Leone e forse qualche altro eletto di cui ora mi sfugge il nome.
Poi il regista aggiunge – “Abbiamo girato con la musica spesso…..e in questo la musica è espressione del sentimento”.
Oltre ad una comprensibile ansia da prestazione, essere evocativi e non solo descrittivi quali reazioni ha suscitato in ognuno di voi?
A: Beh inizialmente siamo stati un po’ frastornati…non credevamo che Gabriele, sentendo il nostro cd Hopi, si fosse innamorato della nostra musica tanto da affidarci la colonna sonora di Come Dio comanda…una volta ripresi dall’iniziale turbamento positivo, ci siamo calati completamente nella lettura della sceneggiatura e del libro per lasciarci trasportare dalle emozioni suscitate, è stato molto più naturale di quanto potessimo immaginare. È stato un periodo molto creativo, che ci ha coinvolto completamente.
C: Gabriele scegliendo noi per la colonna sonora ha fatto una scelta veramente coraggiosa, per noi a messo da parte una serie di script della cinematografia che sembravano dei passaggi obbligatori nel cinema italiano. Ancora lo ringraziamo per questa straordinaria opportunità. Guardando oggi Come Dio Comanda sentiamo ancora i brividi dei momenti in cui il tutto si stava costruendo.
Ho visto la jam session “Ancora sulla cattiva strada” per il Curmayeur Noir in Festival, che dire: di un pathos meravigliosamente psichedelico! Di chi è stata l’idea? Più che un evento promozionale sembra una performance che ha già la sua ragion d’essere!
A: L’idea dello spettacolo è stata di Gabriele che ha scelto i testi delle letture poi interpretati da Elio, Filippo e lui stesso in maniera molto toccante e sensibile. Noi naturalmente ci siamo occupati della musica…il risultato è stato un vero e proprio spettacolo, in cui le varie arti si sono fuse in un tutt’uno.
C: sia le persone che hanno assistito allo spettacolo, che noi che abbiamo partecipato alla sua realizzazione abbiamo provato come può essere incredibile provare a mescolare le arti fra loro…il risultato è stato veramente oltre le aspettative.
“Marpiccolo” è un film, a mio avviso, di dolore e amore e sicuramente i grandi sentimenti sono il veicolo per una grande ispirazione. La cosa che mi preme chiedervi è se vi lasciate trasportare completamente nei progetti ai quali partecipate o cercate sempre di mantenere un leggero distacco per la vostra salute mentale?!
A: Solitamente siamo molto dediti al lavoro che facciamo, ci risulta difficile distaccarci dai personaggi, dalla storia e dalle emozioni espresse…ci immergiamo completamente nel mondo che stiamo musicando…
C: Purtroppo, come dice giustamente Alessio, no…ci immergiamo sempre fino all’ultimo in un progetto, a costo di rimetterci noi la nostra “salute mentale”. Marpiccolo è stata un’esperienza toccante e naturale, ancora siamo in contatto con il regista e con alcuni della troupe. Al di la del film è nata una relazione umana. Infondo se questa è la traccia che deve lasciare un lavoro come questo ben venga investire tempo sudore e denaro in questo modo. Non siamo dei mestieranti della musica e non lo saremo mai. Lo facciamo e lo faremo solo in ragione della bellezza della cosa in se, non per ragioni commerciali o secondi fini.
Violenza 124 è un progetto molto interessante e carico di aspettative. Indubbiamente voi non siete da meno ma come nasce la collaborazione tra voi e Niccolò Fabi?
A: L’incontro è avvenuto una sera al Circolo degli artisti di Roma, dopo un nostro concerto Nic è venuto nei camerini per conoscerci ed esprimerci le emozioni provate durante il live…che dire? Ci ha fatto un piacere immenso…da lì abbiamo cominciato a frequentarci ed è nata una forte amicizia. Ci ha proposto di partecipare al fantastico e innovativo progetto Violenza 124, ne siamo stati entusiasti. Poi le collaborazioni con Nic sono proseguite.
C: con Nic abbiamo, infatti, condiviso anche il percorso di Come Dio Comanda e successivamente ci ha invitato su un brano del suo disco “Solo un Uomo”, “parti di me”.
L’esibizione media dei Mokadelic è una commistione tra le arti, vi dicono spesso che le immagini sembrano un tutt’uno con la musica e il live sembra preparato a tavolino! Vi riuscite a coordinare in quel turbinio di emozioni o gioca a favore anche il caso?
A: Il connubio immagini-musica per noi è stato sempre di particolare interesse. Già nei primi concerti eravamo soliti proiettare film o filmati amatoriali recuperati nei modi più disparati. Fortunatamente in seguito abbiamo conosciuto Andrea Cocchi…ci siamo trovati subito sulla stessa lunghezza d’onda e lavorando a stretto contatto siamo riusciti a unire musica e video in un legame imprescindibile.
C: Andrea utilizza le immagini esattamente come noi utilizziamo i nostri strumenti, tutti insieme seguiamo la dinamica che nasce in quel momento.
Mi ha toccato molto la storia di Paul Bonacci, avete preso parte ad un progetto complesso da raccontare. Qual è stata la vostra prima impressione una volta coinvolti?
A: La storia ha colpito molto anche noi…abbiamo cercato di creare un contrasto tra la musica e le immagini molto forti del cortometraggio.
Attualmente state collaborando al nuovo film di Stefano Sollima – il regista della celebre serie tv “Romanzo Criminale” – A.C.A.B. l’acronimo della frase inglese “All Cops Are Bastards”, non è sicuramente un vanto per le forze dell’ordine! Prodotto dalla Cattleya, il film è basato sul romanzo omonimo di Carlo Bonini. Giancarlo De Cataldo scrive: “Bonini va al cuore della ragione dell’odio senza cercare facili scorciatoie o giustificazioni. Perché l’odio non ha spiegazioni e ha un solo modo di manifestarsi: il contagio.” Avete letto il libro prima di mettervi a lavoro?
A: Certo, il libro è stato il primo passo…ritengo che gli autori della sceneggiatura abbiano fatto un bel lavoro per dare una maggiore coerenza narrativa. Non era facile accomunare così tanti eventi narrati nel libro e ottenere un’unità e un’armonia nella storia come quella del film di Stefano.
C: A dispetto del nome che porta e che renderebbe facile un pregiudizio di un certo tipo A.C.A.B è un film che si discosta dalla rappresentazione sociale a cui il suo titolo rimanda.
Con tutte queste collaborazioni di grido la prossima intervista dove sarà? Al Letterman Show?!
A: Spero da Marione a Centro suono sport…ah ah ah
C: Spero Marzullo…e spero anche di essere all’altezza delle domande