La piuma è uno dei simboli più tatuati, pregno di significati profondi: simbolo di speranza, crescita spirituale e buon auspicio.
Ma è anche un simbolo che racchiude storia e tradizione: proviene dalla cultura degli indios brasiliani, i cui copricapi e ornamenti di piume colorate, prese da diverse varietà di uccelli, rappresentano uno dei tratti caratteristici della loro cultura.
Per le popolazioni indigene infatti, le piume hanno un significato di forza e coraggio, oltre che alla loro bellezza estetica. Per gli indigeni l’arte delle piume è vista come un’estensione del corpo di chi la indossa.
Le piume trasmettono una serie complessa di messaggi sulla sessualità, sull’appartenenza al clan, sulla posizione sociale, sul cerimoniale religioso: insomma, attraverso le piume gli Indios manifestano la loro visione del mondo, rappresentano visivamente le loro istituzioni sociali.
Con i piumaggi gli Indios creano ornamenti costruiti sia per decorare oggetti (pettini, armi, maschere, strumenti musicali…), sia come ornamenti corporei: diademi, bracciali, coprispalle, ghiere per la nuca, forcine per i capelli, visiere, ornamenti nasali e labiali, collane e orecchini come quelli che porta la protagonista di oggi: si chiama Clarissa Pinkola Estès è nata in Indiana il 27 gennaio 1945 ed è una scrittrice e psicoanalista, specialista in disturbi post-traumatici.
Nata da una famiglia ispano-messicana impara lo spagnolo ma a soli 4 anni è stata adottata da una famiglia di immigrati ungheresi che, come i genitori di origine, non sapevano ne leggere ne scrivere.
Cresciuta con la sua nuova famiglia nel nord del Midwest, le tradizioni orali dei cantastorie europei sono parte della vita quotidiana, insieme alle urla, pugni e alterchi tra adulti in una famiglia segnata da alcolismo e violenza.
Verso la fine degli anni sessanta, giovanissima è emigrata in occidente, presso le Montagne Rocciose, tra Stati Uniti e Canada, li ha vissuto a contatto con persone provenienti da svariati angoli del mondo: ebrei, italiani, irlandesi insomma un pour pourri di razze che le permisero di vivere la bellezza della diversità umane e nacquero personalità affini e amicizie.
Si laurea in psicologia etno-clinica e non le basta a Clarissa, spinta dalle ricerche etnografiche continua la migrazione verso sud, attraversando la Panamericana, e ha la fortuna di conoscere alcune delle rare e antiche comunità di origine latinoamericana e di trascorrere del tempo anche con i nativi americani.
Ha la possibilità di raccogliere storie, racconta «…ai tavoli delle cucine, sotto pergolati d’uva, nei pollai e nelle stalle, mentre impastavo tortillas, inseguivo animali selvaggi, ricamavo il milionesimo punto croce… Ovunque andassi, bambini, matrone, donne rugose, gli artisti dell’anima, spuntavano dai boschi, dalla giungla, dalle praterie per deliziarmi con gracchiamenti e versi…».
Ha collezionato successi, nel 1984 consegue un post dottorato presso The Inter-Regional Society of Jungian Analysts di Zurigo, Svizzera.
In quanto specialista in eventi traumatici lavora in molte carceri e istituti per la cura di bambini e madri feriti e traumatizzati, integrando l’uso delle storie e delle favole nella terapia. Clarissa è stata direttrice del Carl Gustav Jung Center di Denver, ha ricevuto premi, ha fondato la Guadalupe Foundation, un’organizzazione stupenda: si occupa di trasmettere via radio brevi storie, con lo scopo di istruire le popolazioni africane su questioni di salute e igiene.
Ma soprattutto Clarissa ha scritto un libro, il suo primo libro che è a mio avviso una lettura che tutti gli esseri umani ma soprattutto le donne di tutto il mondo dovrebbero leggere almeno una volta nella vita.
Non so per te ma per me ci sono pochi libri che tutti gli esseri umani dovrebbero farci la cortesia di leggere una volta nella vita, per stare meglio al mondo loro e far stare bene chi entra a contatto con loro, questo libro è uno dei pochi che sta nella mia lista delle letture civilizzanti: si intitola “Donne che corrono coi lupi” e se non lo hai letto ti impongo domani di rimediare!
Tradotto in più di 40 lingue “Donne che corrono coi lupi” diviene best seller per oltre 145 settimane.
In questo saggio ci sono due decenni di esperienza, storie e riflessioni per indicare alle donne la via del viaggio interiore, attraverso il ricongiungimento con la Donna Selvaggia e come dice “ Le tracce che noi tutte seguiamo sono quelle del sé innato e selvaggio».
Clarissa cresce nel dopoguerra, in un’epoca in cui la donna veniva trattata come una bambina e come una proprietà, in cui non era tollerato un corpo felice o alcuna espressione artistica femminile.
L’archetipo della Donna Selvaggia diventa un lavoro di ricerca quasi archeologica durato decenni, «nato con lo studio dei lupi, che con le donne sane hanno in comune talune caratteristiche psichiche: sensibilità acuta, spirito giocoso e grande devozione».
Clarissa è una cantadora, racconta storie che alle volte tutti consociamo come “Il brutto Anatroccolo”, “Barbablu”, “La piccola fiammiferaia”, altre volte sono storie che non appartengono alla nostra cultura occidentale, quindi del tutto nuove al nostro orecchio. Attraverso queste storie ci insegna qualcosa di noi, ci istruisce come si farebbe con delle bambine per renderci libere e portate verso una ricerca interiore, per acquisire sicurezza e emanciparci dai vecchi ruoli che la società ci ha imposto da innumerevole tempo.
Clarissa si è sposata nel frattempo e ha tre figlie femmine: Tiaja, Christine e Melissa.
Non ho dubbi che stia facendo un lavoro straordinario con loro, ciò che vorrei è che tutti gli esseri umani possano beneficiare della sua raccolta di storie e imparare qualcosa di nuovo, una prospettiva più ampia di certo e dedico le sue parole soprattutto alle donne che ora ci ascoltano:
“ Anche la più repressa delle donne ha una vita segreta, con pensieri segreti e sentimenti segreti che sono lussureggianti e selvaggi, ovvero naturali. Anche la più prigioniera delle donne custodisce il posto dell’io selvaggio, perché intuitivamente sa che un giorno ci sarà una feritoia, un’apertura, una possibilità, e vi si butterà per fuggire.”
Vedo cose faccio gente” è la mia rubrica su Radio Cusano Campus, la puoi ascoltare il sabato dalle 20:00 alle 22:00 o in podcast pigiando qui